sabato 27 ottobre 2007

3°acquisto del giorno


In realtà il suo vero nome era Eleanora Fagan Gough, ma scelse il nome d'arte Billie Holiday perché il padre, riferendosi scherzosamente ai suoi atteggiamenti da maschiaccio, la chiamava Billy, e come omaggio all'attrice Billie Dove, di cui era una grande ammiratrice. Billie nacque a Baltimora da genitori poco più che adolescenti. Il padre, reduce dalla prima guerra mondiale, divenne chitarrista e, con le prime scritture, abbandonò la famiglia. Billie ebbe un'infanzia travagliata. Trascorse l'infanzia a Baltimora, trattata duramente dalla cugina della madre alla quale quest'ultima l'aveva affidata mentre lavorava come domestica a New York. Billie ricorda che guadagnava qualche spicciolo lavando le soglie delle case del quartiere: non si faceva pagare solo dalla tenutaria del bordello, che in cambio le lasciava ascoltare i dischi di Louis Armstrong sul fonografo del salotto. Ancora bambina raggiunse la madre, e cominciò a procurarsi da vivere prostituendosi in un bordello ad Harlem, il che le procurò ben presto una condanna a quattro mesi di carcere. Quando fu rilasciata, per evitare di tornare a prostituirsi, cercò una scrittura come ballerina in un locale notturno: Billie non sapeva ballare, ma venne assunta immediatamente quando la fecero cantare e, ad appena 15 anni iniziò la sua carriera di cantante nei nightclub di Harlem. In questo periodo le colleghe iniziarono a chiamarla "Lady" (la signora) perché si rifiutava di raccogliere le mance ai tavoli prendendo la banconote tra le cosce come le altre. Nel 1933, diciottenne, venne scoperta dal produttore John Hammond, che le organizzò alcune sedute in sala d'incisione con Benny Goodman. Successivamente lavorò con leggende del jazz come Count Basie, Artie Shaw e Lester Young, al quale fu legata da un intenso rapporto d'amicizia e per il quale coniò il soprannome "Prez", "il presidente".
Billie Holiday, con l'aiuto e il supporto di Artie Shaw, fu tra i primi cantanti neri ad esibirsi assieme a musicisti bianchi, superando le barriere di razza e colore. Tuttavia, nei locali dove cantava doveva comunque utilizzare l'ingresso riservato ai neri, e rimanere chiusa in camerino fino all'entrata in scena. Una volta sul palcoscenico, si trasformava in Lady Day: portava sempre una gardenia bianca tra i capelli, che divenne il suo segno distintivo. Il suo coinvolgimento emotivo e la sua voce unica riuscivano a rendere speciali anche le canzoni più semplici.
Nel 1947 apparve nel film-musical New Orleans accanto a Louis Armstrong. Nel 1954 andò in tournée in Europa, e nel 1956 scrisse un'autobiografia, Lady sings the Blues ("La signora canta il blues"). Morì tre anni dopo, ad appena pochi mesi di distanza dal suo vecchio amico Leste Young al cui funerale non poté cantare.

Billie canta
La carriera e la vita di Billie Holiday furono segnate dalla dipendenza dall'alcool e dalla droga, da relazioni burrascose e da problemi finanziari. Anche la sua voce ne risentì, e nelle sue ultime registrazioni l'impeto giovanile lasciò il posto al rimpianto. La morte la portò via molto presto, ad appena 44 anni, per le complicanze di un'epatite.
Il suo impatto sugli altri artisti fu comunque notevole in ogni fase della sua carriera. Anche dopo la morte continuò ad influenzare altre cantanti come Janis Joplin e Nina Simone. Diana Ross interpretò la sua parte nel film La signora del blues, tratto dalla sua autobiografia. Alla fine degli anni ottanta, gli U2 le dedicarono la struggente Angel of Harlem: «Lady Day got diamond eyes, she sees the truth behind the lies» ("Lady Day ha occhi di diamante, vede la verità dietro le bugie").
Tra le canzoni più famose del repertorio di Billie Holiday ricordiamo "God Bless the Child" (da lei composta), "Lover Man", "I Loves You Porgy" e "The Man I Love" di George Gershwin, "Billie's Blues", "Fine and mellow", "Strange fruit". Quest'ultima canzone fu negli anni quaranta l'inno della protesta per i diritti civili. (Wikipedia)

Nessun commento:

Posta un commento